Parla che ti passa e siamo tutti un po’ psicologi: due falsi miti che complicano i problemi
Parla che ti passa e siamo tutti un po’ psicologi: due falsi miti che complicano i problemi

Quante volte vedendo qualcuno che non è  sereno e spensierato gli abbiamo consigliato di non tenersi tutto dentro e di sfogarsi per alleviare le sue pene? Quante volte abbiamo dispensato consigli dettati dal comune buon senso solo perché si sono rivelati efficaci nella nostra esperienza personale? Da sempre è infatti diffuso il mito che se ne parli ti passa.
Ma siamo proprio certi che questa affermazione corrisponda al vero? Se così fosse, per quale motivo le persone soffrirebbero per le proprie difficoltà, ansie e paure se c’è una soluzione così semplice quale parlare con un buon amico?

In effetti parlare con qualcuno delle nostre ansie e paure ci dà come primo effetto un senso di benessere e di conforto ma in un secondo momento, quando il problema si ripresenta tale e quale, ci sentiamo ancora peggio poiché nemmeno la soluzione che tutti considerano efficace ha funzionato!
La socializzazione delle proprie paure, ansie e difficoltà è quindi una tentata soluzione (cioè un tentativo fai da te di risolvere il problema che alla lunga si rivela inefficace) che si riscontra frequentemente sia nei problemi personali e interpersonali (pene d’amore, problemi familiari e lavorativi) che nei disturbi veri e propri quali paure patologiche, disturbi d’ansia, panico, ipocondria, paranoie ecc., situazioni in cui siamo portati a chiedere aiuto e rassicurazione perché sovrastati dalla paura e dall’ansia che si scatenano. Ma ciò che il profano non può sapere, guidato com’è dal sentito dire, è che per molti tipi di patologie proprio il chiedere rassicurazioni e riceverle costituisce ciò che crea ed alimenta la patologia stessa. La rassicurazione ricevuta infatti rappresenta la conferma che quella preoccupazione è reale.
Come afferma Giorgio Nardone

parlare della paura è come mettere un fertilizzante speciale su una pianta: la fa crescere di più (Nardone, 1995)

Per questo motivo una delle indicazioni terapeutiche più usata dagli psicoterapeuti strategici quando si riscontra la socializzazione dei propri problemi è la congiura del silenzio che consiste nell’interrompere ogni comunicazione sul problema oggetto di paura e ansia da parte della persone coinvolta con l’entourage familiare e amicale. Parlare delle proprie paure infatti ha un potente effetto amplificatore delle stesse e i consigli che vengono dispensati con le migliori intenzioni sono di fatto altri tentativi di soluzione inefficace che complicano i problemi. Ciò vale per tutte le situazioni difficili, anche per quelle che non fanno parte della sfera dei disturbi veri e propri.
Così come non ci sogneremmo di prescrivere un farmaco per un problema di salute perché non siamo tutti un po’ medici, non dovremmo dispensare facilmente indicazioni terapeutiche perché non siamo tutti un po’ psicologi e per questo motivo non si hanno le competenze per valutare cosa è bene o male per una persona che lamenta un disagio. Anche un disagio che sembra del tutto simile al nostro uguale non può essere perché ogni persona è unica.

Parlare è terapeutico solo se l’ascolto è qualificato

Aiutare chi soffre per un problema psicologico richiede conoscenze specifiche, formazione continua, esperienza e non può essere semplicemente un’applicazione di principi dettati dalla logica e dal buon senso.

Bibliografia:
Nardone, G. (1995), Paura, panico, fobie, Ponte alle Grazie

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